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Viaggio in Uganda, dove chi fugge
dalle guerre è accolto con terra e cibo
Ospita circa un milione e 400mila rifugiati (più di ogni altro Stato africano) in fuga perlopiù dal Sud Sudan, ma anche da Repubblica Democratica del Congo e Burundi.
di Tommaso Carboni
23 febbraio 2018
Sfiniti da chilometri di fuga tra gli arbusti, una quarantina di sud sudanesi si sottopongono in silenzio alla prassi della registrazione biometrica. In fila indiana aspettano sotto un tendone rovente. Siamo a Busia, villaggio di casupole di terra rossa all’estremo nord dell’Uganda; pochi metri più avanti un piccolo torrente segna il confine col Sudan del Sud. E’ il turno di una donna alta, capelli corti e vestito verde a stampe floreali. Si chiama Grace, 22 anni, etnia kakwa, viaggia con quattro bambini, uno minuscolo che tiene legato alla schiena. Dalla provincia di Yei, a piedi, ci ha messo due settimane ad arrivare qui.
COME VENGONO ACCOLTI
Lo staff della frontiera le prende le impronte digitali e le consegna 10 confezioni di biscotti energetici con il logo USAID. Il bidone dell’acqua, la informano, è fuori dalla tenda. Lì, all’ombra di un albero di avocado, disseta sé stessa, i figli, e finalmente sollevata scambia qualche parola coi compagni di viaggio. Anche loro kakwa della provincia di Yei, fuggiti da carestie e violenze di una guerra civile che da più di quattro anni dilania il Sudan del Sud.
LE PAROLE AL LORO ARRIVO
Donne e bambini sono in maggioranza, ma di fronte alle autorità locali s’incarica di parlare un ragazzo vestito di chiaro. «Nel nostro paese non si può vivere: governo e forze ribelli ci affamano e ci ammazzano. Le scuole sono chiuse. Anche per questo siamo qui: vogliamo che i nostri bambini abbiano un’istruzione». Il capo della polizia, un gigante in divisa mimetica e occhialoni scuri, ascolta e poi decreta: «Benvenuti, qui siete al sicuro».
PERCHE’ SONO IN FUGA
L’Uganda ospita circa un milione e 400mila rifugiati, più di ogni altro Stato africano (e di qualsiasi paese dell’Unione Europea). Gli sfollati fuggono perlopiù dal Sud Sudan, ma anche da violenze che consumano nazioni circostanti come Repubblica Democratica del Congo e Burundi. Oggi ne arrivano circa 500 al giorno, meno rispetto all’anno sorso quando potevano essere fino a tremila.
L’OBIETTIVO DEL GOVERNO UGANDESE
Il presidente ugandese Yoweri Museveni, astuto stratega della regione dei Grandi Laghi, ha fatto dell’accoglienza ai rifugiati un punto centrale del suo disegno di governo. Da una parte, mostrarsi generoso verso chi fugge dalle guerre serve a distogliere l’attenzione dalle sue crescenti tendenze autocratiche. È al potere da più di trent’anni e di recente ha provato a modificare la Costituzione per garantirsi la presidenza a vita. Dall’altra, Museveni ha intravisto nell’ospitalità ai rifugiati un’occasione per portare sviluppo nei territori più arretrati del suo paese. Il successo della strategia dipende da un delicato equilibrio tra disponibilità di risorse e crescita della popolazione.
GLI AIUTI FINANZIARI AI NATIVI
Il sistema funziona grosso modo così: i clan ugandesi, accordandosi col governo, cedono a ciascuna famiglia di rifugiati un piccolo appezzamento di terra, che i rifugiati possono coltivare e su cui possono costruire una casa. Possono anche cercare lavoro e muoversi liberamente nel paese. E gli autoctoni cosa ottengono in cambio? Per legge, il 30% degli aiuti internazionali ai territori dove sono situati i campi profughi deve andare a beneficio delle comunità native.
ACQUA E CIBO
Gli ugandesi, così, anche nei poverissimi distretti del Nord, godono finalmente di un miglior accesso ad acqua, cibo, scuole e servizi sanitari. Com’è capitato a Mary, 20 anni, che vive vicino al campo di Rhino, e il cui bambino appena nato è stato nutrito correttamente e vaccinato in un centro medico allestito da Amref, una delle Ngo più impegnate nel miglioramento della salute in Africa, in particolare in Uganda. Senza rifugiati, la ragazza avrebbe percorso decine di chilometri per raggiungere l’ospedale più vicino. «Nelle nostre strutture, ugandesi e rifugiati hanno accesso agli stessi servizi», spiega Abenet Berhanu, direttore di Amref in Uganda. «Cerchiamo sempre di usare il 30% dei nostri fondi a supporto delle comunità locali».
IL SUOLO ARIDO E GLI APPEZZAMENTI PICCOLI
Condividere, però, non è sempre facile. Soprattutto quando le risorse sono limitate e la popolazione continua a crescere. I rifugiati saranno un milione e 800mila a fine 2018. Coltivando i propri lotti, in teoria, dovrebbero essere autosufficienti. La realtà è che i terreni concessi sono troppo piccoli, e spesso troppo poco fertili.
Louis, maestro elementare fuggito dal Sud Sudan, è appena arrivato nel campo di Rhino. A torso nudo, sotto il sole, scava letteralmente nella roccia per costruirsi la sua nuova casa. Servirebbe un miracolo per ricavare qualcosa di commestibile da un suolo così arido. A sfamare Louis ci penserà verosimilmente il World Food Program.
QUALCUNO SI FINGE PROFUGO
Altri rifugiati se la passano un poco meglio: una ragazza coltiva fagioli e cassava. Non è abbastanza, ci racconta, anche a causa dell’insicurezza alimentare che si è diffusa per colpa della siccità. Secondo un rapporto del governo, ne soffrono undici milioni di ugandesi. Molti di loro, spinti dalla fame, si fingono addirittura profughi per ricevere cibo gratuito. È illegale, e si rischia l’arresto, ma spesso nessuno se ne accorge perché ugandesi e sud sudanesi in alcuni casi si somigliano, condividendo diversi gruppi etnici. Proprio per riconoscerli, le autorità hanno cominciato a compilare un banca dati con le impronte digitali degli sfollati che arrivano in Uganda.
LE TRUFFE
«Ci aspettavamo di essere ricompensati di più per la nostra generosità. A volte sembra che i profughi stiano meglio di noi», racconta James, autista originario di Arua, la città vicino al campo di Rhino. Se gli ugandesi chiedono di più, non sarà facile accontentarli. Soprattutto ora che sono emerse irregolarità nelle richieste di aiuti alla comunità internazionale.
Per ricavare fondi extra dai donatori, alcuni funzionari ugandesi hanno «gonfiato» il numero di profughi registrati in un centro vicino a Kampala. Licenziati. Ma sotto inchiesta per truffa, fa sapere il governo, ci sono anche due agenzie delle Nazioni Unite: World Food Program e UNHCR.
LA ZUPPA DI FAGIOLI CHE UNISCE TUTTI
Intanto i rifugiati continuano ad arrivare. Gli ultimi li hanno sistemati a Omugo, un’ex riserva di caccia. James, saggiamente, si concentra sugli aspetti positivi della vicenda. Non c’era nulla qui, ora la strada è costellata di piccole botteghe. Passiamo davanti a un ristorante. Profughi e ugandesi cucinano insieme. James accosta: «Mangiamo qui, la zuppa di fagioli è eccezionale».