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DIARIO

DIARIO DI UN'IMPRESA  QUASI IMPOSSIBILE

di Roberto Schirru

Giovedì 27 agosto 2015

 

I carpentieri oggi sono arrivati con oltre 30 minuti di ritardo, tuttavia hanno completato la posa di tutti i travi per il tetto sui quali inchioderemo le lastre. Il mio livello di tensione si abbassa, ma sono molto stanco. Sto dormendo poco e male, e anche il dormiveglia è attraversato da tutta la sequenza di lavori che ancora vanno fatti. Come prima cosa chiedo ai carpentieri di farsi una nuova scala in tronchi di eucaliptus, dato che continuamente rubano la mia.  Robinson continua con i banchi e lo scavo del pozzo procede a tutto spiano. Si decide il colore della cornice della lavagne: sarà arancione, come l’uniforme della scuola. Oltre a Bonniface, invito anche i bambini a decidere. Bonniface fa una faccia strana, qui non esiste la democrazia e i bambini hanno solo il diritto di ricevere un poco da mangiare ogni giorno. Alla fine, dato che qui è in vigore un´educazione simile a quella che esisteva in Europa 100 anni fa, tutti sono stranamente d´accordo con il colore arancione indicato dal capo. Io proponevo il verde.  

Devo sollecitare continuamente Bonniface per portare via la terra che incessantemente viene accumulata dalla tre “macchine umane” che stanno scavando. La terra si accumula proprio nel mezzo del cortile e impedirebbe tra pochi giorni di posare agevolmente le lastre sul tetto, dato che necessitiamo di tutto lo spazio. È sempre così, Bonniface è estremamente lento nel reagire, nel fare le cose che gli chiedo, e così via via per tutta la catena di comando. È estenuante, e il fatto di non poter mai perdere la calma ed esplodere mi gonfia come un pesce-luna. Quando firmammo il contratto per il pozzo (1000 euro), non avevo previsto questo piccolo particolare: chi porta via la terra che viene tolta da sottoterra? In genere, i locali che lo sanno, se la rivendono a coloro che producono mattoni, dato che è una terra purissima. Qui forse, il trivellatore, alla firma del contratto, omise di specificare questo particolare, né io né Bonniface avevamo mai fatto prima alcun pozzo, magari per spuntare qualche soldo in più per questa lavorazione extra. Tuttavia rimango tetragono: Bonniface deve trovare un modo gratuito, per liberarsi della terra. Victoria, anche lei alterata per la lentezza di Bonniface, prende zappa e pala e si mette a spalare la terra accumulata. Tutti si fermano improvvisamente osservando una Bianca “che lavora più di un uomo”, a detta di Robinson. “Muscoli della Galizia”, gli risponde lei. Alla fine sarà Robinson che si incaricherà di prendersi la collinetta di terra.

Victoria, insieme a Nankja (la terza o quarta moglie di Bonniface, ancora non lo abbiamo capito…), stuccano tutte le pareti dei dormitori e le preparano per la tinteggiatura. Il problema sorgerà domattina quando capiremo che la tinta fatica a far presa su ampie parti di muro, totalmente rivestite del grasso degli ultimi sei anni, causato dallo sfregamento della pelle dei bambini che vi si appoggiano. In tutti i casi è un lavoro che va fatto e questa volta sono Judith, Sandra e Angela che danno un buon aiuto nel preparare i muri. Nota su Angela: è un’orfana totale, ha 15 anni e vive nella scuola da 6. Dall´anno scorso è passata a una scuola superiore gestita da islamici poco distante dalla St. Juliana. L´avevamo incontrata due settimane fa con il velo e i libri sotto braccio, e questo ci aveva sorpreso, dato che lei è cristiana. Ci ha spiegato allora che frequenta questa scuola perché è più economica rispetto a tutte le altre cristiane. Ci ha anche spiegato che la scuola accetta tutti, basta che durante le lezioni si segua alla lettera il “bon ton” islamico, come ad esempio portare il velo. La motivazione di queste tariffe più basse e di questa “concorrenza” rispetto alle scuole confessionali cristiane va ricercata nei petroldollari, che noi paghiamo per carburanti ed affini a Sauditi & Co. Come i petroldollari stanno finanziando l´Isis così finanziano le scuole islamiche di tutto il mondo, che possono battere la concorrenza con prezzi più bassi.

Ma ritorniamo al cantiere della St. Julian. Come già detto, Ivan ha consegnato i tubi di scarico per la stufa e come da me richiesto anche delle gaffe per assicurarle al muro. In origine le voleva fissare con del filo di ferro e dei chiodi ma già gli avevo detto che la “Home rule” (la legge nostrana) che adesso vige nella scuola era lo standard europeo e non più quello africano. Mi presenta delle gaffe realizzate in ferro piatto da 2 mm, totalmente irregolari e soprattutto molto lontane dalla forma di un cerchio. Gli dico che non le posso accettare e che non gli pago il saldo finché non mi presenta della gaffe quantomeno ovali. Al che mi dà una risposta filosofica e sottile che riaccende, come al solito, il mio grande amore per l´Africa e per questa cultura: “Roberto, the brackets are circular in shape, because the circle of the tube can fit in” (Roberto, le gaffe sono circolari, dato che la circonferenza del tubo ci passa dentro). Scoppio in una risata e lo abbraccio: infatti in ogni gaffa si può infilare il tubo e con un certo sforzo lo si potrebbe anche malamente fissare, ma è il senso della risposta che mi affascina. Gli rispondo: “You are a philosoper Ivan, do not worry, I will look after the right brackets” (Tu sei un filosofo, Ivan, non preoccuparti, penserò io alle gaffe giuste”. Poveraccio, avrà perso ore nel cercare invano un fabbro nei paraggi, che possedesse un´incudine. Alla volte è un miracolo se dispongono della stessa saldatrice.

Dopo le ultime istruzioni su come usare la stufa (si potrà usare solo tra 15 giorni) partiamo insieme per Kampala per dargli il saldo.  Ho appena chiamato la filiale e finalmente i 5.190 euro delle donazioni versate sul conto (alla data di due settimane prima), sono arrivate sul conto della Stanbik Bank. Si può ritirare e pagare e comprare tutto quello che ancora necessita per l´opera. Occorrono quasi due ore per ritirare i soldi, sembra che li stiano stampando. Ivan attende con la sconfinata pazienza che caratterizza ogni Africano, io leggo il giornale e sgranocchio noccioline, invitandole anche all´addetta al mio conto che entra ed esce continuamente dal suo ufficio.

Proseguiamo per Kampala dato che devo trovare le cerniere per porte e finestre, insieme alle viti. Perdiamo quasi mezz`ora per comprare 200 viti e mi costa una sfuriata all´italiana, dato che volevano vendermi ogni singola vite a 30 centesimi di Euro! Gli urlo, come già fatto altre volte, che sono “dei fottuti razzisti” nel farmi un prezzo alto solo perché sono Bianco, e cambio ferramenta. Purtroppo quello di mia fiducia era chiuso, cosa rarissima qui, dato che è sempre tutto aperto, 365 giorni l´anno, 15 ore al giorno.  Compro i rubinetti per il lavabo di cucina e mi informo anche sui prezzi delle pompe sommerse: circa 1,1 milioni di scellini (295 euro). L´arrivo dell´acqua nel pozzo è imminente. Giro per Kampala con i Boda Boda, le moto 125, e questa volta non mi metto problemi: ho sempre la maschera professionale per carrozziere sul volto che monta filtri per l´amianto, il massimo del filtraggio per le polveri sottili. Il benzene me lo becco anche in Europa ma qui almeno evito la polvere e riesco a resistere ad un inquinamento pazzesco da vera capitale del Terzo mondo. Inutile dire che svariate volte ai semafori o anche dal marciapiede la gente in moto o a piedi mi chiede di regalargli la maschera indicando i tubi di scappamento. Sarebbe un bel business.

Il rientro alla scuola è sempre preceduto da piccole compere di cibo dato che non avendo frigorifero ben poco si può conservare. Aggiungo sempre biscottini, banane e pacchi di pane per i bambini che inesorabilmente affollano l´uscio della casa dove viviamo e continuamente ci chiedono da mangiare. Il pane, in particolare, per loro è una prelibatezza, dato che finora ne hanno mangiato pochissimo. Quando poi glielo servo con burro di arachidi o miele, diventano matti.

Quando arrivo nel cantiere Victoria mi viene incontro nervosissima, dato durante la mia assenza sono arrivati quasi contemporaneamente il carico di legname, un altro camion di sabbia e il serbatoio dell´acqua da 5.000 litri atteso per sabato. Non è stato semplice gestire il caos soprattutto perché, benché sia Bianca, è pur sempre una donna, e a una donna da queste parti si fa fatica a dar retta. In tutti i casi la merce è stata posata in maniera corretta in modo da permettere il proseguo dei lavori. Godfrey e Emmanuel, i due fornitori di legname, mi attendevano da quasi due ore: peggio per loro, nessuno ci aveva avvertito che sarebbero arrivati oggi. Gli pago l´ultimo carico, oltre un milione di scellini. Adesso tutte le tavole sono sempre lunghe oltre 3 metri, piallate a perfezione, come da me più volte preteso. Si congedano da noi con strette di mano infinite e lodi per i nostri lavori. C´è un poco di levantino nelle loro parole ma d´altronde siamo buoni clienti, gli abbiamo lasciato quasi 6 milioni di scellini ugandesi in meno di quattro settimane (circa 2.000 euro).

Sono molto stanco e anche Victoria non è da meno, è stata una giornata molto carica. Adesso l´ultimo grosso acquisto saranno le onduline per il tetto, tutto il resto è stato già acquistato. Il serbatoio nero troneggia adesso sul suo piedistallo e già dona un tocco di modernità al cortile. Per Bonniface avere una tale riserva d`acqua significa poterla rivendere al vicinato e guadagnare più soldi per mandare avanti la scuola, mentre per i bambini e le bambine significa la fine delle sofferenze per dover trasportare i bidoni da 20 litri per oltre un chilometro una o due volte al giorno, una cosa che qui si inizia a fare dai 3-4 anni in su.  Bonniface dovrà trovare un idraulico per domattina dato che non potevo portarmi dall´Italia pappagalli, taglia tubi e utensili vari d´idraulica. Inoltre gli chiedo di trovare un buon allevamento di galline ovaiole. Ci rimangono solo 8 giorni e tutto deve essere completato e funzionante, tranne l´acqua, dato che nessuno ancora sa con certezza quando troveremo l´acqua nel pozzo. La tensione è altissima, non possiamo fare errori dato che il tempo è tiranno.

Si finisce la serata alle 21.30 con il solito minestrone di patate, pomodori, melanzane e peperoni, la toeletta fatta nella latrina esterna alla casa illuminata con la torcia, e una doccia fatta con una caraffa di plastica. L´acqua fredda all´inizio ti gela un poco ma poi è un piacere. I 27 gradi ci accompagnano anche di notte. Il brutto viene nei mesi “freddi” dove la temperatura scende un poco. In quel caso coloro che non hanno i soldi per comprare altro carbone e scaldare qualche pentola d`acqua, si fanno la doccia tremando, oppure non ci si lava per nulla. Qui nessuno sa cosa sia una doccia, una vasca da bagno o un boiler. I bambini si lavano nella stessa bacinella che si usa per i piatti e per il bucato. Europa rurale di 70-100 anni fa. A proposito, Victoria ha visto alcuni bambini della scuola che si lavavano i denti con la cenere.  Buona notte. 

 

 

Venerdì 28 Agosto 2015

 

Si incomincia alle 8.00. Eduard e Matthias lavorano molto sul corpo Nord della scuola e posano tutti i listoni per il tetto. Robinson, al quale avevo mostrato come costruire le porte, riesce a farne ben cinque durante tutto il giorno, mentre Tony completa i pali del pollaio. Tutti i lavoratori sono “a raya” (“a raggi”) come mi dice Victoria in spagnolo, ossia “tutti impegnati”. Tuttavia mi devo lamentare, come al solito, con Bonniface, dato che gli altri due carpentieri aggiuntivi che gli sto chiedendo da giorni non sono arrivati. La posa di un tetto richiede braccia e gente che sappia come muoversi sulle strutture. In tre sarà impossibile terminare entro lunedì come mi ero prefissato.

La giornata passa velocemente dato che mi devo dividere tra i lavori del tetto, la supervisione della costruzione del pollaio, dislocato a circa 200 metri dalla scuola, e tutti gli altri vari problemi che saltano fuori durante un cantiere. Ma quello che mi darà filo da torcere oggi sarà l`idraulico: arriva verso le 11.00 provvisto di una busta con due pappagalli e una chiave inglese. Gli spiego quello che deve fare ovvero inserire due rubinetti nel serbatoio per la vendita dell´acqua in bidone e collegare il serbatoio ai due rubinetti posti sul lavello di cucina. E siccome le apparenze contano, neanche mi prendo la briga di spiegargli come fare lo scarico in tubi di PVC dato che preferisco farlo io e farlo bene. Si va a comprare il materiale e si ritorna alla scuola con i tubi lunghi 3 metri trascinati con la moto, come da prassi. Credevo di poterlo lasciare da solo, essendo il lavoro semplice, ma dopo circa mezzora, mi accorgo che l´unica cosa che era riuscito a fare era un primo foro nel serbatoio. Tento di rispiegargli tutto, continuo con i miei lavori e dopo circa un’ora sparisce con pochissimo lavoro fatto. Ritorna dopo quasi due ore con un´altra persona che ha una pistola per saldare i tubi in polietilene. Mi accorgo che se li lascio soli andrebbero a rovinare il materiale, per cui mi tocca seguire di continuo ogni singolo passaggio dei lavori. Alla fine a forza di mostrargli “come si deve fare il lavoro”, gli faccio il lavoro io, mentre loro mi guardano. Sono furioso sia con loro che con Bonniface per aver portato questi incompetenti. Robinson mi dice che in Africa solo un lavoratore su dieci è competente, gli altri sono improvvisati. Li lascio per circa un´altra ora mentre si arrabattano ad avvitare i rubinetti. Terminano il teflon (una specie di nastro isolante che si mette nelle filettature dei tubi per non farli gocciolare), non mi dicono nulla e quando vado a controllare il lavoro, mi accorgo che avevano usato strisce di buste di plastica. Contenendo al massimo i miei nervi, mi metto a ridere e gli dico che il “muzungu” ha i soldi ancora sufficienti per comprare un altro rotolo di teflon. Altra pausa di mezz`ora affinché uno dei due scenda al villaggio e ritorni con il teflon. Ma oramai non mi fido più e completo io il lavoro. Ritirano le loro cose e hanno la faccia tosta di chiedermi 70.000 scellini dato che “era tutto il giorno che lavoravano”. Gli rispondo picche e gli elenco tutto quello che non sapevano fare e tutto quello che ho dovuto rifare io nonché il mio tempo perso. Come al solito invito anche Bonniface a prendere parte alla mia accusa ma la sua indole non è guerresca benché sempre gli ricordi che questa è la sua scuola. Non amo fare sempre il cattivo e fare scenate di fronte ai bambini che ascoltano tutto quello che si dice nel cantiere. La finiamo con 40.000 scellini (circa 14 euro) e gli dico di sparire dalla scuola furioso come non mai: “You get lost and never ever come back again”. Questi soldi non li prelevo dalle donazioni, dato che è stato un mio sbaglio fidarmi di quegli incapaci.

Mi consola un momento di pausa in cui Victoria distribuisce un poco di banane ai bambini e si chiacchiera con Robinson. Gli chiedo se abbia una ragazza e mi risponde che non è sposato. Facendo finta di nulla gli chiedo dove sia l´impedimento, al che lui mi dice che “I should not fornicate” (io non dovrei fornicare). Continua dicendomi che non essendo sposato non può fare sesso, diversamente sarebbe un grave peccato di fronte a Dio. Incomincio a ridere e gli dico che il termine “fornication” in Europa lo conoscono oggi al massimo solo alcuni professori di Storia Medievale e i biblisti, ma già i giovani preti avrebbero difficoltà a dire di cosa si tratta... Ha 21 anni e gli dico che in Europa e difficile trovare un 21enne vergine e nel caso lo fosse la motivazione non sarebbe certo “the fear of fornication” (la paura di fornicare). Fortunatamente Robinson è di spirito e quando gli dico che allora la quasi totalità degli Europei nonché anche una buona percentuale di Africani finirà bruciato nell´Inferno dato che tutti hanno fatto sesso prima del matrimonio e molti neanche mai si sposeranno, mi risponde che Dio forse farà un’eccezione con noi per via dell´aiuto prestato agli orfani. Qui, invece di parlare di preservativi, pianificazione familiare ed educazione sessuale si usano ancora i parametri della Santa Inquisizione. Che pena!

Insieme a Bonniface, completiamo tutti i muri divisori delle quattro classi del corpo centrale della scuola mentre Hassan e Henriette livellano il pavimento in terra battuta delle classi. Si pranza insieme a Victoria e al nugolo di bambini che ci segue ovunque, seduti sopra le tombe, come al solito. Anche Hassan, il professore di biologia, si meraviglia sul come mai non abbiamo paura dei morti sedendoci sopra le loro tombe.

Victoria continua con la stuccatura dei muri interni del dormitorio sempre aiutata dalle bimbe. La tinta, rigorosamente azzurra per scacciare le zanzare, è già stata recapitata in motorino da Abdul che ormai è il nostro fornitore ufficiale di ferramenta. Controllo sempre i prezzi di ogni singola cosa e chiudo un occhio se mi fa pagare 500 scellini in più (0,16 euro) su alcuni articoli, dato che oramai ci recapita la merce direttamente in cantiere facendoci risparmiare un mare di tempo. Magari fosse così anche in Europa!

I bambini si godono dei muffin comprati da Victoria e anche l´arrivo del gelataio in bicicletta è sempre un avvenimento. Questa volta non sono solo i bambini a prendersi il gelato ma anche tutti gli operai, carpentieri inclusi, che scendono dal tetto e si mettono in fila per il loro cono. Alla fine pago 27 gelati per tutti tranne che per me, che mai mangerei quel concentrato tossico di coloranti e conservanti in gran parte proibiti in Europa. Costo per 27 gelati: 5.600 scellini (1,65 euro).

Il lavoro riprende tra le risate dei bambini e l´accompagnamento musicale dell’african bit che proviene dai due piccoli altoparlanti montati sul cruscotto della moto di Edward, sempre avvolto dal perenne buon umore che pervade costantemente gli Africani. Sono solo io e in parte Victoria, gli unici che non riescono a rilassarsi e a prendere la vita come viene. Durante il lavoro chiedo ad Edward se sia sposato e quanti figli abbia. Mi risponde che ha 6 figli dalla stessa moglie (cosa rara per un Africano, dato che spargono figli a destra e a manca). Gli chiedo se sia ricco e quale sia il motivo di tanto zelo creativo. Mi risponde nel più semplice e diretto dei modi: “Here there is no TV, and we go to bed early and I did not know about the condoms” (qui non c`è la TV, si va a letto presto e io non sapevo dei preservativi).  Mi dice di essere poverissimo e mi chiede di finanziare gli studi ad almeno 3 dei suoi figli. Non è il primo che ci chiede una cosa simile. Gli domando perché la moglie non ha mai abortito. Mi risponde che sarebbe un omicidio. Anche entro i primi 3 mesi, ribatto io? Non so, risponde. Gli chiedo se ci sia una grande differenza tra il mangiarsi un uovo o peggio una gallina viva e vegeta e sopprimere un uovo di un umano, grande neanche un millimetro. Sorride, non riesce a rispondermi.  Gli indico alcuni bambini che giocano di fronte a noi scalzi, cenciosi, luridi e soli, e gli chiedo se sia meglio avere 2,5 milioni di orfani ugandesi o qualche aborto in più. Sorride. Non sono abituati a nessun dibattito, a nessuna dialettica. Qui impera il Verbo, qui non si pensa, si vive o meglio si sopravvive e basta e si rimane schiavi della propria abissale ignoranza.

Il rumore dei martelli che inchiodano gli oltre 20 kg di chiodi comprati fino ad ora subissa la nostra conversazione.  D´un tratto, tutti si mettono ad urlare, si crea un capannello vicino ad una catasta di tavole. Immagino che si tratti di un incidente e invece vedo Bonniface che trionfante tiene nella mano un bastone che sorregge un serpente col cranio fracassato. E´ in agonia. I bambini sono elettrizzati. Io e Victoria invece siamo tristi. Chiedo a Bonniface perché lo abbia ucciso e la risposta è perché è velenoso e può uccidere. Non ha molto senso dirgli che quando si incontra un animale pericoloso sarebbe cosa buona e giusta lasciarlo andare, in particolare se si tratta di serpenti, che hanno paura di noi e mai penserebbero di attaccare ma solo di fuggire quanto prima. Non mi va di dargli una lezione di fronte ai suoi stessi figli e alunni che adesso lo vedono come un eroe. Ma qui in Africa (l´ho visto una volta in Nigeria, in una foresta nel delta del Niger e in India nel Rajastan), non appena si trova un serpente lo si uccide punto e basta. Inutile dirgli che ha dato un pessimo esempio ai bambini e che per la stessa ratio, gli animali ancora vivi attorno al Lago Vittoria sono ben pochi. Io sono un animalista moderato e queste cose me le insegnarono i miei genitori e Piero Angela ben prima che Peter Stinger scrivesse le sue “Bibbie”. Ma mi trovo di fronte a un 38enne allevato e cresciuto in un piccolo villaggio del nord dell´Uganda, dove in parte ancora oggi l`Uomo deve difendersi dagli animali e non difenderli dall´estinzione. Prendo il bastone in mano e guardo l´agonia di questa bestia, mi fa una pena enorme. Ma il colpo di scena arriva immediatamente. Mentre parlottiamo con Victoria osservando l´animale, Bonniface aggiunge: “If you do not kill it, it will come back to take revenge” (se non lo uccidi, lui ritornerà indietro per vendicarsi). Immediatamente tutta la cultura arcaica dell´Africa riemerge dalla bocca di Bonniface e rimango estasiato e sbalordito nello stesso istante. Victoria cerca di spiegarli che un animale non può pensare di “vendicarsi”, ma non ha molto senso. Siamo davvero immersi in un´altra cultura, dove un poco di invenzioni occidentali e alcuni tratti di catechesi cristiana non hanno alla fin fine intaccato millenni di cultura e tradizioni ancestrali. A sono costretto a dare il colpo di grazia a questa bestia che ancora si contorce flebilmente per porre fine al suo dolore: l´eutanasia è civiltà. Con una pietra gli schiaccio definitivamente quel poco di testa che ancora rimaneva intatta. Immediatamente dopo tutti i bambini si accaniscono nel tiragli altre pietre. Robinson, sensibilissimo, che capisce il nostro disagio da vegetariani, recita scherzosamente un passo della Bibbia, credo quello di Adamo ed Eva, la mela e il serpente. Niente di più appropriato. E dire che i serpenti sono tra gli animali più duttili e straordinari. C´è qualche donatore disposto a venire qui e insegnare a questa gente cosa è la flora e la fauna e come funzionano? “Welcome to the jungle, Roberto”, benvenuto nella giungla Roberto.

La giornata si chiude con la visita al fabbro che costruirà le altalene e alcune scalette per i letti a castello. Faccio gli schizzi, do l`anticipo e faccio le mie raccomandazioni: l´altalena deve essere identica a quella che si trova nel cortile della scuola di fronte alla sua “bottega”. Ovviamente, tutto sarà differente…

La serata si chiude con il solito minestrone questa volta preparato da me, dato che Victoria farà tardi, impegnata a Kampala nel comprare vestiti e ciabattine per i bambini. 

 

Sabato 29 Agosto 2015

La giornata comincia con un attacco di sciatica alla mia gamba destra che mi attanaglierà fino a notte. Un problema, dato che siamo nella fasi finali della preparazione della struttura e occorre continuamente salire e scendere dalla scale e senza il mio aiuto il lavoro rallenta. Ogni passo è una sofferenza. Tuttavia siamo già arrivati alle travi del tetto della cucina, il più è fatto. A Edward e Matthias si è aggiunto Godfrey, che dopo un´iniziale incomprensione su come usare il livello, si sta dimostrando un ottimo carpentiere. Lavorano anche senza la mia costante presenza e questo mi solleva moltissimo. A dire il vero, verso le 11.00, arriva anche Mr. Wamala, il primo muratore che due settimane fa ci aiutò con la posa delle fondazioni. Come carpentiere è un disastro, non lo caccio subito via perché suo figlio è un alunno della scuola e perché è più grande di me. Così lo mando a rizzare i pali della casetta del pollaio e a inchiodare la struttura, cosa che sa fare, dato che anche lui ne ha uno nel giardino.

Verso le 9.00 vedo arrivare John (il capo delle tre “macchine umane” che stanno scavando il pozzo), con tre grandi fronde di foglie di banani appena tagliati. Li getta in fondo al pozzo e ci versa sopra,  due bidoni d`acqua. Rimango sbalordito! Mi spiega che le foglie fresche di banano generano ossigeno. Difatti già ieri avevano smesso di lavorare prima del previsto: a meno 30 metri c`è molto più caldo che in superficie ma soprattutto l´ossigeno scarseggia e il rischio di ipossia è altissimo.  Difatti uno dei tre operai stava per rimanerci. Cerco di darmi una spiegazione scientifica e immagino che le foglie attaccate ai rami, emettano ancora molto ossigeno e quindi possano migliorare il microclima in fondo al pozzo. Ma subito dopo questo primo “lancio”, spolverano la bocca del pozzo e a seguire tutta la superficie interna, con un secchio pieno di cemento mischiato con idrossido di calcio (calce viva). Mi dicono che anche questo serve per garantire la presenza di aria in fondo al pozzo. Chiunque possa dare una spiegazione chimica a tutto ciò è invitato a farlo!

Robinson ed io montiamo la prima finestra. In pratica realizziamo una cornice nella parete, inseriamo un telaio e su questo avvitiamo le cerniere che sosterranno la finestra. Nessun vetro dato che sarebbe un controsenso: qui non fa freddo, siamo all´Equatore, quindi non c`è ragione nel posizionare un vetro, che anzi, trasformerebbe le aule in serre. Le finestre sono solo delle aperture che si possono chiudere con un pannello di tavole provvisto di serratura. Le apriremo solo sul lato interno del cortile, per evitare sia i ladri che passano sulla strado dove si affacciano gli altri lati della scuola, sia per evitare la polvere, generata dalle (poche) auto che passano. Le finestre saranno come delle piccole porte, basculanti. Robinson si impratichisce e continua da solo, a fine giornata ne avrà montato tre.

Victoria, invece, incomincia a tinteggiare le pareti delle due stanze del dormitorio, operazione un poco difficoltosa dato che già ci sono i letti che non si possono spostare. A dire il vero è tutta colpa mia: avrei dovuto tinteggiare le stanze prima di costruirci dentro i letti. Tuttavia le bambine non si scoraggiano e armate di pennelli (ne abbiamo comprato diversi), si infilano sotto i letti e dipingono le parti meno accessibili. Il problema è sempre lo stesso: per via del sudiciume accumulato negli anni, alle volte la tinta non attacca… In tutti i casi, a fine giornata, le stanze hanno già un altro aspetto e soprattutto un altro odore.

Il pranzo interrompe questa giornata relativamente scorrevole: come al solito posho con fagioli. Se  non compriamo riso, alla “mensa” della scuola si serve  sempre e solo posho.

Alle 15.00, l´arrivo del boda boda caricato con 14 materassi è un evento. Il motociclista-tassista ha percorso almeno 35 km di traffico e di strade di Kampala con oltre due metri cubi di materassi, impilati e legati di traverso sulla sella della moto. In pratica ha guidato come se fosse un camion per via degli ingombri laterali! Il suo arrivo è una festa, soprattutto per i bimbi e le bimbe che finalmente potranno dormire su materassi nuovi e non sui sudici pezzi di gomma piuma come fino a ieri notte. Davvero la vista di questa moto con la pila dei materassi nuovi mi fa capire il confine tra la povertà e la ricchezza. Grazie ai nostri soldi, adesso questi bambini dormiranno meglio. Ogni materasso da 200 x 100 cm costa 82.000 scellini (24,25 euro). Tutti si avvicinavano dicendoci:  “Thank you Mr. Roberto, thank you Mrs. Victoria”. Gli rispondiamo che devono ringraziare come sempre anche i “donors”. In effetti per un bambino, la gioia può esser più grande nel vedere il suo nuovo materasso, che la costruzione della sua nuova scuola.

Il giorno dopo troveremo uno di questi materassi posato sull´erba, motivo: Judith, Juliana e Anita, avevano bevuto troppo prima di andare a dormire e hanno fatto la pipì sul letto… Ma che cosa si può pretendere da bambini e bambine che forse sono stati accarezzati, abbracciati e baciati da noi, per la prima volta, dai tre anni in su?

Abbandono un attimo il cantiere e mi reco a controllare il lavoro di Wamala nel pollaio. I pali che sosterranno la rete sono già saldi nel terreno e lo trovo intento a completare la struttura a tre piani che dovrà ospitare le galline durante la notte. L´ha posta al centro del recinto, contrariamente alle mie disposizioni, che la prevedevano accostata su un lato. Mi spiega che se l´avessimo messa a ridosso di un lato della recinzione i vicini avrebbero fatto “long arms” (braccia lunghe), e avrebbero rubato le uova. Santa saggezza africana! E ancora: benché avesse il livello mi accorgo che ancora una volta prevale la “tradizione ugandese” che non rispetta né livelli, né filo a piombo, né angoli retti. Essendo le deviazioni dentro i circa 10 cm. accetto il lavoro di malumore e non posso fare a meno di chiedergli perché la sua casa sia a piombo ma il pollaio no. Mi risponde: “but because this is a hen-house” (ma perché questo è un pollaio). Santa saggezza africana! Alla fin dei conti Mr. Wamala si è guadagnato i suoi 20.000 scellini (5,91 euro) per le sue otto ore di lavoro.

Ritorno al cantiere. Bonniface è appena ritornato da Kibiri con una tanica da 20 litri di paraffina che incomincia a distribuire con un pennello, insieme alla moglie Nanja, sulla struttura in legno. I tarli sono in agguato e per il fatto che non ci siano soldi per comprare la vernice e tinteggiare tutta la scuola, devo tentare di eliminarne quanti più possibile.

Come al solito qui imbrunisce velocemente e il rito della paga giornaliera, con annessa firma dei soldi ricevuti sulla pagina del mio libro-mastro, mette tutti di buon umore. Tony non sa scrivere e anche Wamala ha difficoltà con la sua firma. Godfrey mi comunica che domattina, domenica, non potrà venire. È un duro colpo, dato che desideravo completare la copertura degli edifici entro lunedì e come squadra era veloce. Mi dice che deve andare a messa alle 11.00. L´occasione dialettica è ghiotta e non me la perdo. Gli dico che se va a messa il Dio bianco che lui adora, importato dagli schiavisti 200 anni fa, non gli darà i canonici 30.000 scellini, mentre io sì. Lo invito a ricordare che ha moglie e figlie e che poche ore prima mi aveva detto di “aver bisogno di lavorare”. Ma sembra irremovibile, la paura di contravvenire ai Comandamenti divini è grande. Allora gli ricordo che qui stiamo lavorando per un orfanotrofio, per bambini poveri, “dimenticati anche da Dio”. Mi dice che Dio non dimentica nessuno e gli rispondo che forse è vero, e magari siamo proprio noi gli inviati da Dio che stanno facendo qualcosa per questi figli d´Africa. Gli dico che “in my opinion”, Dio lo scuserà se domani lavorasse in questo cantiere che serve per aiutare gli orfani. Sono molto serio dato che qui si crede davvero. Ci pensa un attimo, si congeda e va via. Dopo circa due ore mi arriverà la telefonata di Bonniface, che mi preannuncia che domattina, la santa domenica, Godfrey sarà presente.

Victoria va a Kampala per comprare altre ciabattine per i bambini. La signora che già le aveva venduto sette paia, la settimana scorsa, le chiede di colpo 1000 scellini in più al paio. Credono che noi “muzungu” abbiamo la memoria corta. Ovviamente si cambia fornitore. Questa volta, oltre ad alcuni bambini, porta con sé Anita, una minuscola bambina di 4 anni, mingherlina con preoccupanti macchie su tutta la pelle, taciturna. Anita passa tutte le giornate in un angolo buio dell´ufficio di Bonniface, perennemente con il dito in bocca. Nessuno la calcola e il suo volto si rischiara solo ogni volta che la vediamo e la accarezziamo o le facciamo un sorriso. Alle volte, così come accade anche con altre bambine di 3-4 anni, mi compare sotto la scala e mi dona un pugno di chiodi raccolti in giro per il cantiere. La ringrazio calorosamente e li metto in tasca. È il suo contributo. Non oso pensare al futuro che aspetta questa bimba e ai traumi che già si porta dentro. Non ha nessuno, se non la sua solitudine, la sua pelle devastata e una perenne malinconia. Povera figlia di nessuno. Forse è la prima volta che va a Kampala, che prende un boda boda e un taxi, che mangia in un ristorante. Victoria mi dice che durante tutto il viaggio non ha parlato tuttavia era molto interessata a tutto. In un ristorantino di Kampala, tra una compera e l´altra, Victoria li invita a scegliere cosa desiderino da mangiare: scelgono del pollo e dei dolci. Victoria mi descrive le loro facce estasiate nel vedere i loro volti che guardano i banchi pieni di polli arrosto e patatine. Di colpo tutta la comitiva si ammutolisce e si avventa sui piatti appena serviti. Riprenderanno a parlare solo dopo aver leccato i piatti.

Kampala, Uganda, anno 2015. Tutto ciò mi ricorda le descrizioni dei pranzi e delle cene che si facevano a casa di mio padre, famiglia proletaria di 9 figli, nel 1942-45, dove grazie a Mussolini si faceva la fame. Rientrano in in quattro sul boda boda, tra le risate e la felicità per una giornata diversa.

 

Domenica 30 Agosto 2015

Di solito è il muezzin, che da una piccola moschea qui vicino, mi sveglia ogni giorno alle 5.30. Il suo “Allahu akbar”, come già sentito dai poveri amplificatori di altre moschee, in altri paesi, è una specie di rantolo, come se uno parlasse, recitando dentro un tubo. Se ci fosse un bimbo/a a fianco a me, gli racconterei che si tratta di un animale strano che si aggira nella foresta o di un enorme pesce che si affaccia la mattina sul Lago Vittoria per svegliare tutti gli animali e gli umani. Gli prometterei di andare vederlo per fotografarlo e magari parlarci. Mi metto subito ad aggiornare il diario (imperdonabilmente in ritardo) e verso le 6.40 sento il richiamo di un altro Dio: una campana di chiesa. A dire il vero si tratta di un cerchione di camion appeso ad un albero e percosso con una pietra di quarzo durissima da un ragazzo senza età nel cortile della Kibiri Luwango Church. Sì, assistere ad una messa in un altro paese è come assistere ad un film lentissimo, già visto decine di volte, girato da qualche regista polacco o asiatico, e tradotto in un´altra lingua. La chiesa è ben posizionata sulla collina più alta della zona. C`è una grande recinzione e cancelli in ferro ma si può entrare dai buchi nella rete e da alcuni lati dove manca. Nei due angoli della facciata le statue in cemento verniciate di marrone di due martiri ugandesi (credo degli anni ´30), due adolescenti, Davide Okelo e Gildo Irwa, che finirono nelle mani dei missionari comboniani, i quali in un paio di mesi li convertirono e li rispedirono nei loro villaggi, nella regione Acholi, per portare la parola del Signore. Ovviamene vennero uccisi a colpi di lancia e immediatamente la chiesa locale li dichiarò martiri creando altri due potenti simboli per espandere la fede. Credo che Paolo VI nel 1963 o Wojtyla negli anni ´80, abbiano avviato l'ovvio processo di beatificazione, anzi credo che siano già diventati santi...

È un meccanismo ben rodato dai tempi di Diocleziano. Mi consolo, dato che anche nei dipinti che li riportano sui muri interni alla chiesa, essi sono gli unici due che hanno la pelle nera. Il resto delle composizioni (nemmeno degne d`un liceale artistico del primo anno o dei dipinti che si vedono lungo i muri delle scuole elementari), sono un´Annunciazione, una Natività e un´Ultima cena, posta proprio dietro l´altare. Tutti rigorosamente di pelle bianca.

La chiesa si riempie di almeno 250 persone, età media 18 anni. Solo tre gli anziani, di cui due uomini con gli occhiali, cosa assai rara qui. Almeno trequarti dei presenti sono bambini, adolescenti e ragazzi. Tutti vestiti benissimo, lindi e profumati. Molte le ragazze-madri con 1 o 2 bambini in braccio, non accompagnate. Sale su un piccolo pulpito una donna sui 40 anni, che porta una tonaca bianca. Mi meraviglio, penso ai miracoli della Chiesa cattolica che permette qui in Africa, lontano dagli occhi indiscreti di una stampa attenta, di nominare preti-donna, così come già fanno i Protestanti tedeschi e scandinavi, dove spesso non solo i Pastori sono donne, ma sono anche lesbiche (già non facevano più notizia vent'anni fa).

Invece mi sbaglio: dopo una breve lettura in Luganda di un passo di Isaia si ritira in un angolo e arrivano quattro chierichetti e il prete, un africano sulla cinquantina, che inizia a dispensare incenso a volontà. La liturgia è quella del Concilio Vaticano II alternata da alcuni canti accompagnati da tamburo e da un continuo mischiare Inglese con Luganda. Le preghiere sono in Inglese il resto è in Luganda. La predica è meno patetica di quelle che si odono in Italia (qui il prete non si deve confrontare e arrabattare con un pubblico alfabetizzato e secolarizzato) e semplicemente si richiama ai 10 Comandamenti: “non si deve rubare”, “non si deve uccidere” ecc. ecc. Dopo la predica segue l´applauso di rito, concesso in Uganda (ma credo in gran parte dell´Africa nera) a chiunque dica o prometta qualcosa di bello o elevato, in qualsiasi occasione. Li lascio poco prima dell´Eucarestia.

Sono già le 8.00 e i carpentieri sono già sopra il tetto, incluso Godfrey, che oggi sfiderà Dio lavorando dieci ore per incassare i 30.000 scellini (8,87 euro), donati da quasi cento benefattori Bianchi. Insieme ad Eduard e Matthias completano la posa dei listoni sui quali si inchioderanno le lastre. Io mi concentro sul completamento degli scarichi della cucina, lavoro che se avessi fatto fare ai due “idraulici” di avantieri sarebbe stato un disastro dato che in questa zona non esistono lavandini, pilette, sifoni o scarichi in genere. Esistono solo bidoni d'acqua, pentole, bacinelle e latrine: l´idraulica in genere non è particolarmente richiesta…

Verso le 10.00 arriva Abdul con altri svariati chili di chiodi. Contrattiamo il prezzo per le 63 lastre di lamiera ondulata, necessaria per le coperture dei quattro edifici. Già conosco il prezzo “africano”, 30.000 UGX (8,87 euro) a lastra. È pazzesco pensare al costo del materiale qui per i locali. 30.000 scellini è quello che prende un carpentiere al giorno. E`come se una singola lastra di lamiera ondulata acquistata nel Sud Italia, costasse dagli 80 ai 120 euro. Credo che non superi i 10 euro. Parte da 35.000 scellini: gli dico che non è un fratello dei Bianchi e degli orfani. Invito anche Bonniface ad aiutarmi nella contrattazione (uno dei motivi della mia scarsa stima nei suoi confronti, dato che fa fare questo “dirty job” sempre e solo a me). Scende a 30.000 scellini, va bene.  559,00 euro è il prezzo per tutti i quattro tetti dei quattro corpi di fabbrica, trasporto incluso. Siamo in linea con le stime di spesa.

Dopo neanche un'ora arriva un vecchio pick-up Madza con le 63 lastre. Il capitalismo qui é veloce quanto a New York. Victoria si concentra sulla tinteggiatura delle due stanze del dormitorio e gioca anche un poco con i bambini. Una cosa che (per via del lavoro) abbiamo potuto fare ben poco.

Anche Nanja lavora sodo, da una mano di paraffina alle porte che Robinson ha completato e contribuisce a portare via la terra dal cortile della scuola con la carriola. Robinson lavora alla quinta finestra ma oggi è fuori fase, fa errori in continuazione.

Verso le 12.00 arriva una ragazza di Kampala, Vicky, amica d`un donatore di Sassari: lavora in una ONG che tenta di sensibilizzare le donne all´uso di assorbenti riciclabili e della coppetta mestruale. Entra in immediata sintonia con Victoria e passano almeno due ore a parlare della situazione della donna in Uganda, sedute sotto i manghi. Come da prassi, anche lei ha una figlia e non ha un marito. Vicky le racconta come la maggior parte degli uomini africani non sono affettuosi con le loro donne e per questo tutte sarebbero felici di avere un Bianco. Per un uomo africano la donna ha l`obbligo di lavare, cucinare, stirare e fare sesso non come una dimostrazione d`affetto ma come un dovere coniugale. Non ci meraviglia, è uno stadio della civilizzazione che noi Occidentali stiamo, seppur lentamente, superando. Per non parlare di Victoria, che ha appena ricevuto una proposta di matrimonio da parte di un vicino musulmano: “Tu saresti la prima moglie e ne prenderei altre due. E ti devi convertire all´Islam”. Mi viene in mente John Lennon: “Immagina non ci siano nazioni, non è difficile da fare, niente per cui uccidere e morire, e nessuna religione, immagina tutta la gente che vive in pace”.

Alle 15.23 si posa finalmente la prima lastra di ondulina grecata sul tetto dell´ala nord della scuola, sopra la classe n° 1. Per me e per Victoria è una grande soddisfazione: il tetto significa conclusione dei lavori, fine della pioggia, mantenere le promesse fatte ai 93 donatori e soprattutto agli orfani. Solo io, come capo-cantiere, so cosa ho sofferto, a livello di stress mentale e fisico per arrivare a questo momento, senza nessun incidente (di operai e bambini), senza nessun problema irrimediabile, senza nessun ritardo incolmabile. Mancano solo sei giorni alla partenza ma adesso è davvero quasi tutto in discesa. Forse davvero potrò concedermi un giorno di vacanza prima di ritornare allo stress della vita europea, magari sabato. Si parte domenica alle 4.00 del mattino.

Il pomeriggio passa velocemente, con i carpentieri che posano quasi la metà del tetto dell´ala nord della scuola, mentre io completo tuttigli scarichi in PVC. Durante il rito della paga serale, Eduard e Matthias con la mediazione di Bonniface mi dicono che devo comprare una gallina per sacrificarla. In Uganda è tradizione uccidere una gallina in occasione della posa del tetto, porta fortuna ed evita gli incidenti. Altro rito woodoo che emerge intatto dalla ancestrale tradizione africana. Tra animisti che sacrificano galli, serpenti e insetti vari, Cristiani e Musulmani che sgozzano capretti e agnelli a volontà (ma Dio non si stuferà di mangiare sempre carne d´ovino?), rivaluto sempre l´Induismo e il Buddismo che almeno non se la prendono con gli animali.

Dovrei andare e comprarne una. Faccio appello a tutta la mia diplomazia e, ancora arrabbiato per la recente uccisione del serpente da parte di Bonniface di fronte ai bambini, rispondo con la massima bonarietà: “Vedi Eduard, tu ieri mi hai detto di aver avuto 6 figli perché non usavi il preservativo e perché abortire significa uccidere un essere umano. Io sono vegetariano e non uccido gli animali se essi non mi mettono in pericolo di vita. Mi chiedo che cosa c`entri una gallina con il nostro tetto. Anche in Italia quando si posa il tetto si fa un grande pranzo. Mi piacerebbe fare un grande pranzo e magari spaccare una bottiglia di birra sulla struttura come si fa con le navi. Would you like it?” (ti piacerebbe?). Sorridono tutti e annuiscono. Si fará una bella cena per festeggiare l´evento, domani, a tetto concluso, con tanto di birra e le cose più buone che posso trovare giù nel mercatino.

Il pomeriggio si chiude con una divertentissima discesa al villaggio con la moto di Eudard per comprare gli ingredienti per la cena di posa del tetto. Scendo insieme a Elik, Zakaiu e Washua, tre bambini che a più riprese ci chiedono di adottarli, con disarmante semplicità e disperazione.  Elik, il figlio di Bonniface, mi ha detto che “forse Bonniface non è il suo vero padre e che quindi anche lui è orfano come gli altri e vuole essere adottato da me”. E´ una bugia enorme, dato che Bonniface è suo padre, ma ritrovarsi per 40 giorni con un altro uomo, che gioca con lui, parla, scherza, gli da cose buone e sufficienti da mangiare, lo abbraccia, lo loda, disegna con lui e lo porta in giro in moto insieme ai suoi amici, è forse sufficiente a fargli cambiare idea. E che cosa gli si può dire? Qui i bambini vengono trattati come noi trattiamo gli animali domestici, anzi anche peggio, dato che non ricevono né carezze né vezzeggiativi e dal veterinario si va solo in casi di estrema necessità…

Sempre con la moto di Edward scendiamo a Kibiri Town. Passiamo anzitutto dal fabbro per controllare l´ultimazione delle altalene. Come ampiamente previsto tutto è differente da come controfirmato sul mio disegno: il tubo su cui si fissano le altalene è di diametro inferiore a quello richiesto e anche la larghezza è inferiore. Come al solito, gli accordi scritti o verbali, non hanno molto senso qui in Africa. Gli dico di ritornare a vedere l´altalena-modello, di modificare il suo lavoro, diversamente non gli darò il saldo. Poi ci spostiamo e compriamo uova, arachidi triturate e riso per gli orfani che stanno nella scuola. Ovviamente un Bianco con tre bambini per mano, che passeggiano per le “vie” di Kibiry, non passano inosservati ed è tutto un continuo “Hallo Muzungu!”.

Buchiamo la ruota posteriore e come al solito il gommista vorrebbe farmi pagare 3000 scellini invece dei consueti 2000. Gli ricordo che potrei essere suo padre. A dire il vero il 98% di tutte le persone con cui sono venuto in contatto in queste settimane ha sempre almeno vent'anni meno di me.

Compriamo ancora dell´altro materiale da Abdul. Il carico di merce sulla moto è spettacolare: sul manubrio una scatola di cartone con colla e chiodi, lo zaino anch`esso ripieno di chiodi, sul serbatoio, dietro di me Zakayo che tiene il riso in una mano e un tubo in PVC lungo tre metri nell´altra; dietro di lui Waswa, che tiene le uova e a completare il bastimento, Elik in quarta fila, con l´altro tubo di scarico in PVC, anch´esso lungo tre metri, trasportati come facevano gli indiani d´America,  come “barelle” fatte di tronchi legati sul dorso del cavallo e le altre estremità striscianti per terra. Inutile dire che il tragitto è una risata continua ed è un miracolo se non siamo tutti finiti per terra nella polvere. Una piccola avventura a venti all´ora sul sentiero che porta alla scuola. Questi orfani non hanno nulla ma hanno una cosa che molti bimbi occidentali gli invidiano: un´assoluta libertà. Forse è questa la caratteristica che rende tutti gli Africani spensierati e più allegri di noi. Qui si respira la Libertà, in tutti i sensi, anche quelli mortalmente negativi, ma il sorriso prevale, soprattutto quello trascinante di questi bambini dai quali sarà dura separarsi.

La serata si chiude con tutti i bambini orfani della scuola ancora più allegri dato che per la seconda volta in quasi cinque settimane hanno la fortuna di mangiare un uovo a testa, banane e riso con burro d´arachidi. Buona notte cuccioli, per adesso non possiamo fare di più per voi. 

Lunedì 31 Agosto 2015

 

Oggi, alle 19.24, abbiamo completato la posa di tutto il tetto. È stata una giornata intensissima ma i tre carpentieri hanno tenuta fede alla loro promessa: tetto completato entro oggi. Al contrario non sono stati di parola le divinità: gli antenati e i dei locali come Ruhanga, Jok, Rubanga, Nyakaswiya, Odudu, Adranga e Atar, venerati dalle principali tribù ugandesi Ancholi, Banyoro, Kiga, Langi, Iteso, Batoro, Basoga e Buganda, non si sono infuriati nel non vedere sangue di gallina sparso in loro onore, sulle lastre metalliche di lamiera grecata… Nessun incidente durante la posa, nonostante l´evitato sacrificio-woodoo. Adesso mancano solo le grondaie l´impianto elettrico e poco altro. Scatto un poco di foto alla struttura completa. Non riesco ancora a crederci, la scuola è finita, finita! L´albero di mango, incastonato tra l´ala Nord e il corpo centrale della scuola ha il suo spazio e fa la sua figura. Per me la giornata incomincia con il completamento di tutti gli scarichi della cucina, e il loro collegamento alla fossa/buco-nero, con annessa stesura del pavimento in cemento lisciato e il fissaggio dei 3 tubi per i fumi della cucina. Mi aiuta il fidatissimo Samuel, un uomo mite quanto capace, dotato di una sensibilità e intelligenza fulminee. Victoria constata come nonostante diventerà padre tra 3 mesi e guadagni meno di 20 euro al mese, forse ha problemi di alcolismo.  Robinson oggi non ingrana, realizza solo una finestra e taglia e pasticcia con i telai di altre due. Sembra che si dimentichi che esiste il livello e che le finestre devono avere tutte la stessa grandezza. Non credevo di dover spiegare cose così banali. Le tre macchine umane continuano a gettare nel pozzo rami e foglie di banano insieme a cemento e calce. Questo lavoro mi ricorda le condizioni dei minatori del Sudafrica, costretti a lavorare a 3 km di profondità, spesso a 40 gradi, per estrarre diamanti. Ma, a parte il settore lapideo, dei dischi da taglio e delle varie altre applicazioni tecniche, l´Umanità che cosa se ne fa dei diamanti? Verso le 11.00 ripassiamo del fabbro: ha ampliato la struttura delle altalene come da contratto, le ha verniciate di blu e giallo, ricordano del giostre di paese degli anni ´70, fanno una pena enorme, ma hanno il loro fascino: una cosa “inutile”, in un piccolo universo dove la penuria consente solo le cose strettamente necessarie alla sopravvivenza. Dovrei contestargli il lavoro, dato che il tubo portante è da 45 mm di diametro invece dei 60 concordati, ma avendoci saldato sotto un bel pezzo di tondino zigrinato, ha più o meno la stessa resistenza, benché abbia perduto quell´inezia di grazia estetica che nascondeva. Compro due rotoli di rete zincata per recinzioni, domattina si completa il pollaio. Questa volta le reti le recapitano con un corriere su bicicletta, che fatica su quei “cancelli”, senza marce, nei tratturi ripidi e pieni di fossi che portano alla scuola. Verso le 12.00 si blocca la sega circolare, già mi viene il panico; si tratta dei fili del cavo elettrico che si stanno spellando all´interno del´impugnatura. Niente di grave se non fosse per il fatto che alcune viti che uniscono del due valve dell´impugnatura sono a stella, mentre alte due sono torks ma mi manca quel diametro. Questi Cinesi li strozzerei! Incarico Samuel di andare in qualche officina e risolvere il problema: ritornerà ben 4 ore dopo,  con i cavi a quasi a posto, dicendomi che hanno dovuto usare pezzi di busta di plastica per isolare i cavi, dato che non avevano nastro isolante. Si riprende a tagliare tavole. Tra black-out e tempo perso per rimettere a posto cavi e prese di corrente inglesi (uno schifo!), abbiamo perso almeno 15 ore di lavoro utile in 5 giorni. Riprendo la moto di Eduard, e scendo per comprare il cibo per la cena dei carpentieri: birra, riso, plantani da friggere, crema di arachidi, e 2 ananas. Qui gli ortaggi non si vendono a peso, bensì a pezzo. Un pomodoro di medie dimensioni 200 scellini (5 centesimi di €), una cipolla varia dai 200 ai 500 scellini, dipende dalla grandezza e dalla tua capacità di contrattazione. Non esiste il peso. Questa volta faccio la spesa accompagnato da Juliette, Angela e Sandra, che come al solito, si divertono un mondo ad andare in moto e girare per il villaggio al fianco di un muzungu, oltre a controllare che non mi facciano un prezzo esagerato. Victoria è andata un´altra volta a Kampala per comprare altri vestiti per i bambini, sono soldi nostri, soldi per il “software”, dato che si è deciso di utilizzare i soldi dei donatori solo per l´”hardware”, ovvero per la scuola: ma per quanto si possa fare, notiamo che è sono sempre esili fili, sfrangiamenti, di un drappo che non potrà mai esser tessuto fino in fondo.  Tuttavia mette una certa allegria vedere questa lunga esposizione di magliette e calzoncini nuovi per le bambine e i bambini, lavati di fresco e appesi ai fili del bucato. Victoria racconta come quest´ennesima andata a Kampala sia stata “pesante” dal punto di vista umano: gli uomini per la strada la chiamavano da tutte le parti, alcuni le tiravano il braccio per trascinarla a sé, altri le dicevano cose oscene in faccia, qualcuno cercava anche di toccare Angela e Phoebe, rispettivamente due ragazzine di 15 e 18 anni che la accompagnavano. Una forma grossolana di quello che succedeva con le Scandinave sulla costa adriatica negli anni ´60... La costa più triste che al suo rientro, una donna, già madre di 4 figli, le offre il 5° arrivato da 3 mesi che teneva in braccio: “Please, take it, I do not want it, I cannot” (per favore, prenditelo, io non lo voglio, non posso). Non è la prima volta che in Africa le donne offrono l´ennesimo figlio a qualche donna straniera. Al raccontarmi questo, Victoria scoppia in lacrime. Al mio rientro nel cantiere della scuola, proveniente dal pollaio, trovo un nuovo elettricista Robert, che dovrà installare i punti luce nelle 7 nuove classi, nella cucina, e predisporre il cavo per la pompa sommersa nel pozzo. Le apparenze non ingannano quasi mai, se ben decifrate. Robert mi piace, sarà l´ultimo attore con il quale reciteremo insieme, all´interno di questa “pièce” teatrale tragicomica, d´un unico atto lungo 40 giorni. Indossa un camice kaki, con due cercafase nel taschino, una penna,  un taccuino in mano e una faccia seria con occhi vivi e dolci. Porta un paio di mocassini neri e lucidati di fresco, che forse non sono l´ideale per salire sulle scale, ma non importa. Ci capiamo subito, parla un buon Inglese. Facciamo tutti i conti, e il prezzo finale per l´installazione – chiavi in mano - di 15 portalampada con relativi interruttori e lampadine, 12 prese di corrente, tutti i cavi, un altro salvavita ecc., è di 690.000 scellini (204 €), di cui 70.000 (20,70 € di manodopera). Partiva da 200.000 scellini per il suo lavoro. Gli ho risposto che un insegnate in questa scuola non supera i 150.000 scellini al mese, e non poteva pretendere tale cifra per soli 3 giorni di lavoro. Accetta per 70.000. Sono contento di aver fatto gli interessi degli orfani. La serata, si chiude con l`annunciata cena per la copertura del tetto, consumata sui banchi di scuola, insieme ai carpentieri e a tutti gli altri, praticamente al buio, è arrivato un nuovo black-out. Durante la passata settimana sono stati rari i momenti in cui si è potuto parlare, il lavoro non da tregua. Mi raccontano come 20 anni fa, le quote della società che gestiva le 3 linee ferroviarie ugandesi, finirono nelle mani di molti parlamentari e ministri ugandesi, un secondo dopo la sua privatizzazione, i quali  ben pensarono di vendere tutti i treni e il materiale rotabile vario al Kenya per fare cassa, lasciando la nazione senza treni fino ad oggi. Continuano a raccontare storie e modalità politiche, che farebbero raccapricciare anche l´ultimo democristiano mafioso alla Salvo Lima o allo stesso Andreotti, e che al confronto, rendono la Calabria o la Campania un paradiso di legalità e rispetto delle regole. Descrivono circa la brutale quotidianità politica, dove i parlamentari si fanno la guerra e spesso fanno rapire i figli dei loro colleghi,  dove la corruzione è la norma per tutto, dove si svendono tutti gli asset dello Stato e si siglano i contratti più beceri e malfamati con multinazionali straniere, dove i profitti vanno all´estero e a pochi potentati locali. I giornalisti vengono sistematicamente picchiati e alle volte fatti sparire. Qui le elezioni si vincono come in Italia negli anni ´50, a colpi di pacchi di riso, posho e magari anche zucchero, distribuiti a piene mani dai vari candidati, e dai loro scagnozzi, con il premier in testa, ricevendo soldi per le campagne elettorali da imprese straniere, che poi pretenderanno l´esclusiva su alcuni mercati e business interni e di export. Mi raccontano del Far West impera sul Lago Alberto, al confine con il Congo, dove si è scoperto il petrolio, e dove molti Bianchi e pochi Neri, si scannano e si ammazzano ogni giorno per fare soldi e sfruttare i giacimenti. Mi raccontano di una economia strozzata e del fatto che non ha molto senso andare a votare, dato che tutte le elezioni sono manipolate e truccate. Vorrebbero un voto elettronico, controllato da Google, aggiunge Robinson.  Mi dicono che non c`è nessuna speranza di miglioramento, e amaramente condivido con loro. È così anche per il nostro Sud Italia. Mi dicono – e già altre persone me lo hanno chiesto, quando si parlava di politica - di candidarmi, che un Bianco verrebbe immediatamente eletto. Mi raccontano di un Inglese che è sindaco di una circoscrizione di Kampala e che “sta governando bene”. A.g.d., “Abbiamo già dato”, come recitava l´etichetta discografica del grandissimo Jannacci. A chiusura della cena,  mi raccontano che in occasione dell´arrivo del Papa, tra 70 giorni esatti, la Polizia sta già mettendo in galera supposti “troublemakers”, piantagrane, sbandati, nullafacenti, ladruncoli, individui che trova per strada e che magari hanno una faccia strana o un poco sospetta e sono intenti a fare nulla. Carcerazioni preventive, come si faceva sotto Comunismo, Fascismo e Nazismo, poco prima dell´arrivo del dittatore. La cosa grave è che una volta dentro, moltissima di questa gente non esce più. Mi dicono che sono decine e decine gli incarcerati senza sentenza, messi in galera nel 1993 in occasione della visita del figlio di un ufficiale polacco, Karol Wojtyla. 

Papa Francesco, dai, fai qualcosa per questa gente che marcisce in carcere da 22 anni, per via del tuo predecessore e fai qualcosa per quella che stanno mettendo adesso in galera, in occasione del tuo arrivo. 

“God bless Africa” (Dio benedica l´Africa).

DEBORAH RICCIU

ESPANDERE ORIZZONTI

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